By Remigia Spagnolo – Professional Dreamers Project
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In questo articolo indago sul funzionamento del cervello (substrato biologico) e della mente (solo in parte esito delle attività biologiche e chimiche che si svolgono nel cervello) quando abbiamo un sogno da realizzare.
Un ottimo spunto per questa indagine mi è offerto dalla storia ed esperienza tanto drammatica, quanto unica nel suo genere, della neuro-anatomista Jill Bolte Taylor guarita da un ictus nel cervello sinistro e dell’importanza del cervello destro nell’offrire nuove visioni di vita, intuizioni, modalità nuove di guardare ai problemi e di risolverli. Mi permette di dimostrare come il sogno professionale sia imprescindibilmente legato al lavoro sinergico di mente e cervello con i suoi due emisferi. Un magico lavoro che ci permette di affrontare gli ostacoli e le avversità che naturalmente si presentano durante la realizzazione di ciò che ci sta a cuore. Un lavoro concertato tra logica, intuizione, esperienza, sensazione. Una capacità di far lavorare mente e cervello che possiamo sviluppare con strumenti di conoscenza e psicologici adeguati alla sfida.
Si tratta del primo racconto documentato di una neuro-anatomista guarita completamente da una grave emorragia cerebrale, un ictus, che ha colpito il suo emisfero cerebrale sinistro. La sua esperienza è raccontata dalla stessa autrice in un celebre e tra i più visti TED Talk [1] dal titolo “Il mio ictus ideale” (anche qui riportato) e nel suo libro “La scoperta del giardino della mente” [2].
Si tratta di una testimonianza importante che conferma ulteriormente la diversa natura dei due emisferi e dimostra che non sempre una grave lesione cerebrale è seguita da una corrispondente assenza di coscienza. Anzi, nel suo caso sono comparsi dei riferimenti nuovi come quelli di cui leggerete più avanti.
Citerò alcune frasi estratte dal suo libro che ci aiutano a comprendere le possibilità che l’uomo ha, attraverso l’uso deliberato della propria mente, di modificare e “guarire” il proprio cervello e quindi, dico io, di realizzare i propri sogni sperimentandosi in rapporto con qualcosa di più grande del nostro Ego, e in comunione con ciò che ci circonda.
Nel suo libro parla del suo ictus ma anche dell’illuminazione avuta circa la bellezza e la capacità di recuperare del cervello umano.
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LA STORIA
Il 10 dicembre del 1996, Jill Bolte Taylor ebbe un ictus provocato da una grave emorragia nell’emisfero sinistro, parte del cervello deputata alla risoluzione dei problemi con un approccio di tipo logico-lineare. Immaginate quanto possa essere difficile la vita quando, privati del funzionamento di questa importantissima parte cerebrale, non è più possibile fare correttamente dei ragionamenti che abbiano un prima e un dopo, né pianificare, né comporre cronologicamente le esperienze e i ricordi che contribuiscono a dare forma alla nostra storia che raccontiamo agli altri e a noi stessi…
Due settimane dopo l’evento le venne asportato chirurgicamente un coagulo di sangue pari ad una palla da golf, che comprometteva la capacità del suo cervello di trasmettere le informazioni (disse che si sentì come un neonato nel corpo di una donna). Ci vollero otto anni perché recuperasse tutte le sue funzioni fisiche e mentali, ma nonostante ciò fu sempre cosciente di ciò che accadeva in lei. Grazie al suo background scientifico di tipo neuro-anatomico ebbe esperienza diretta di un funzionamento che aveva sempre studiato in modo astratto, che la aiutò ad analizzare se stessa e la sua esperienza per capire come le sue cellule cerebrali potessero essere stimolate dalla sua forza di volontà e ripristinate per un normale funzionamento delle attività mentali.
Privata della parola (nell’emisfero sinistro ha sede il centro del linguaggio) e del normale funzionamento del cervello sinistro, Jill Bolte Taylor riuscì tuttavia a fare un’analisi della sua esperienza e riporta nel suo libro di essere giunta a capire come “sia possibile, in termini di anatomia cerebrale, avere un’esperienza mistica o metafisica”, che riconduce al funzionamento del cervello destro, che nel suo caso aveva lavorato separatamente dal cervello sinistro. Descrive la bellezza del recupero del cervello umano, frutto della sua capacità innata di adattarsi continuamente al cambiamento e ripristinare le sue funzioni. Racconta il viaggio all’interno della coscienza dell’emisfero destro, grazie al quale dice di essersi “ritrovata avvolta da una profonda pace interiore”.
Nell’emisfero sinistro è contenuta l’area del linguaggio, che produce i dialoghi interni, i discorsi che facciamo a noi stessi, che Jill Bolte Taylor chiama “chiacchiericcio cerebrale”: i pensieri espressi a parole che non esprimiamo a voce o che esprimeremo solo dopo. Questi possono consistere nelle istruzioni che ci diamo per svolgere le attività della giornata – fare questo, fare quello, voglio, devo, posso, ce la farò, non ce la farò; nelle impressioni su qualcosa che esprimiamo internamente in aggettivi come difficile, impossibile, etc.). Ecco cosa Jill Bolte Taylor esprime riferendosi a questo tipo di pensieri:
“…più mi concentravo, più i pensieri che riuscivo a concepire mi sembravano labili. Anziché trovare risposte e informazioni, iniziai a provare un crescente senso di pace. Al continuo chiacchiericcio che mi aveva sempre tenuta legata alla mia esperienza concreta si sostituì una tranquilla e avvolgente euforia. Fu una fortuna che la parte del cervello che registra la paura, l’amigdala, non avesse reagito allarmata, gettandomi nel panico. Mentre i centri del linguaggio dell’emisfero sinistro si facevano sempre più taciturni e i ricordi della mia vita si allontanavano, venni confortata da un senso di crescente beatitudine. In quel vuoto di cognizioni superiori e minute informazioni sulla vita quotidiana, la mia coscienza si elevò ad una sorta di onniscienza, fino, per così dire, a essere tutt’uno con l’universo. Era qualcosa di irresistibile, piacevole, come tornare finalmente a casa (…) In quello stato alterato la mente non si preoccupava più dei miliardi di dettagli utilizzati generalmente dal cervello per descrivere la mia vita e guidarmi nel mondo esterno. Quel chiacchiericcio cerebrale si era piacevolmente zittito. E insieme ad esso erano evaporati i ricordi del mio passato e i sogni che accarezzavo per il futuro.” [3]
Il cervello sinistro sarebbe dunque la sede del nostro Ego, che ci ricorda chi siamo grazie alle relazioni che intrattiene con le esperienze passate. L’Ego ci induce a fare affermazioni di separatezza dal mondo esterno e confina nell’area di attuale identificazione, a meno che non lavori in sinergia con il cervello destro.
Il presente è visto dall’Ego come un mezzo o un fine, qualcosa da dover sopportare per conquistare un obiettivo futuro, ma, se ci pensiamo bene, il presente è l’unico momento che abbiamo: il passato non esiste più e il futuro è solo un pensiero immaginario.
La testimonianza di Jill Bolte Taylor ci dimostra che il tempo è un’illusione.
Infatti nelle discipline che utilizzano lo yoga e la meditazione l’adepto sa che potrà scegliere di restare pienamente nel momento presente in quanto è l’unico luogo in cui arriverà a conoscere Dio. Ad esempio, lo sforzo mentale sarà quello di trovare un equilibrio tra due affermazioni opposte come “sono insicuro” tipica dell’emisfero sinistro e “mi sento sicuro” tipica del cervello destro. Anche se ognuno di noi sembra separato e indipendente siamo tutti connessi a livelli di intelligenza che governano l’intero cosmo.
Ecco alcune delle affermazioni che possiamo esprimere a seconda se siamo sintonizzati sul cervello sinistro (area dell’Ego) e sul cervello destro (area del nostro sé superiore, che trascende il nostro Ego ed è in contatto con l’anima universale).
Affermazioni cervello Destro Affermazioni cervello Sinistro
Mi sento solo, limitato e separato dagli altri e ho bisogno di affermare il mio potere | Sento che ognuno di noi è connesso alla stessa energia, sono parte di un tutto |
Preferisco le abitudini e le strade già percorse | Preferisco essere creativo ed esplorare nuove strade |
Cerco di controllare e manipolare | Ho fiducia in me stesso e negli altri |
Non noto i doni che ricevo | Provo gratitudine per quello che ho |
Faccio la differenza imponendo la mia individualità e indipendenza | Faccio la differenza mettendo a disposizione degli altri la mia energia e lavorando sapendo che siamo tutti interdipendenti |
Temo il cambiamento | Sono aperto e ben disposto alle novità |
Mi sento fragile e vulnerabile | Mi sento al sicuro e protetto e trovo forza nella mia stessa vulnerabilità |
Temo l’incertezza | Comprendo il forte potenziale creativo dell’incertezza: l’origine di nuove possibilità |
Sono fuori strada | Sono solo alla ricerca del mio percorso |
Sperimento scarsità | Riesco a notare l’abbondanza |
Sono irrequieto | Sono sereno |
Tornando all’esperienza di Jill Bolte Taylor, ecco le sue parole che descrivono le modificazioni della percezione corporea e delle emozioni provate a seguito del suo ictus e lo straordinario affacciarsi della possibilità umana di decidere quali emozioni provare. Questo esempio spiega meglio cosa si intende quando si dice che la mente può cambiare il cervello e l’importanza dell’uso del linguaggio e di affermazioni positive (usate spesso durante la meditazione) per darsi istruzioni positive utili per cambiare la propria vita:
“Una delle cose più importanti che imparai fu a percepire l’effetto delle emozioni sul corpo. La gioia è una sensazione fisica. La pace è una sensazione fisica. Era interessante accorgermi quando veniva stimolata una nuova emozione… dovetti imparare nuove parole per descrivere queste esperienze “percettive” e, cosa ancora più importante, scoprii che avevo la possibilità di decidere se serbare un sentimento e prolungarne la presenza nel corpo, o lasciarlo subito andar via. Facevo le mie scelte in base a come avvertivo le cose dentro. Sentire penetrare in me attraverso il corpo emozioni come la rabbia, la frustrazione, la paura, mi faceva star male. Perciò dicevo al cervello che quelle sensazioni non mi piacevano e non volevo che i suoi circuiti neurali me le trasmettessero. Imparai che, tramite il linguaggio, potevo usare la mente sinistra per parlare direttamente al cervello e dirgli cosa volevo e cosa non volevo” [4].
Jill Bolte Taylor parla della sua volontà di autodeterminazione. Attraverso il ricordo e la memoria lei recupererà insieme ai “file” delle esperienze passate anche il bagaglio emotivo” correlato:
“…fu l’attenzione agli effetti fisici dell’emozione a modellare la mia guarigione. Più recuperavo i vecchi file, più il mio bagaglio emotivo tornava a galla e dovevo valutare l’utilità di conservare i circuiti neurali che erano alla base (…) sapevo che in realtà nessuno aveva il potere di farmi sentire niente, se non io e il mio cervello. Nulla all’infuori di me, aveva la possibilità di togliermi la pace dal cuore e dalla mente. Essa dipendeva solo da me. Potevo anche non avere il controllo assoluto di ciò che accadeva nella mia vita, ma a decidere come sentire le mie esperienze ero io e io soltanto.”
Jill Bolte Taylor evidenzia inoltre l’importanza dell’uso, da parte del cervello sinistro, delle capacità immaginative e creative del cervello destro:
“Se l’apertura, la disponibilità, l’entusiasmo con cui la mente destra va incontro alla vita mi lasciano incantata, la mente sinistra non è meno stupefacente. Non per niente, ho passato buona parte dell’ultimo decennio a farla risorgere. La mente sinistra ha la responsabilità di prendere tutta l’energia, tutte le informazioni del momento presente, tutte le magnifiche possibilità percepite dalla mente destra e farne qualcosa di concreto”. [5]
L’esperienza di Jill Bolte Taylor può essere definita come come “trance naturalistica”, che è di fatto un’attivazione del cervello destro. Vi ricordate di quando avete letto un bel libro o avete contemplato un’opera d’arte o un paesaggio splendido sentendovi profondamente emozionati e in pace con voi stessi e con il mondo, dimenticando in quel momento la zavorra dei problemi insieme ai pensieri e alle emozioni negative ad essi associati? Tutte queste esperienze sono definibili come stati alternativi di consapevolezza o stati di trance indotti in modo del tutto naturale grazie ad uno stato di intensa focalizzazione sull’oggetto d’attenzione e conseguente attivazione mentale ed emozionale.
Questo rende plausibile l’idea che l’auto-attivazione del cervello destro, stimolata da un progetto o da un sogno professionale, è in grado di attivare in momenti diversi intuizioni ed espansioni della coscienza durante l’intero percorso, momenti di auto-ipnosi nello stato di veglia. Un progetto esplorativo può costituire una possibilità di esercizio del cervello destro, proprio perché si va incontro al mondo in modo nuovo. Le urgenze della vita quotidiana, ci chiedono di sintonizzarci principalmente sul cervello sinistro, mentre un progetto finalizzato all’evoluzione personale verso la nostra ori-genialità, ci chiede di sintonizzarci di più sul cervello destro.
E ancora, Jill Bolte Taylor fa riferimento all’abilità del cervello sinistro di tessere trame che a seconda della loro natura, possono farci prevedere successi o fallimenti, apprendimenti o disastri:
“… uno degli attributi più importanti dell’emisfero sinistro è la capacità di tessere trame, un talento da narratore fatto apposta per dare senso al mondo fuori di noi partendo da informazioni scarsissime. Il suo centro del linguaggio prende tutti i dettagli che gli capitano sotto mano e li intreccia per dare forma ad una storia. Soprattutto impressionante è forse la sua bravura nel riempire le lacune quando le informazioni fattuali sono insufficienti. E, come se non bastasse, è un genio nel tessere una trama, è efficientissimo nel far scattare i corrispondenti circuiti emotivi ed esplorare tutti i possibili e immaginabili “cosa accadrebbe se..”…Ho imparato a prendere con le molle i drammi e le tragedie che il mio narratore interno è così propenso a mettere in scena. (…) Inoltre ho notato che il mio emisfero sinistro, tutto preso com’era ad inventarsi le sue storie e a spacciarle per vere, tendeva a ripetersi, a fare ricorso continuamente agli stessi schemi mentali” [6].
Un sogno professionale è da intendersi perciò come l’uso sinergico dei due emisferi orchestrato non dal nostro Ego, ma da quella parte di noi che sentiamo più intimamente nostra e che è in contatto con la natura e l’energia che ci circonda.
Alla fine del suo libro Jill Bolte Taylor cita una frase di Einstein:
“Devo essere disposto a smettere di essere ciò che sono, per poter diventare quello che sarò”[7].
Jill Bolte Taylor dimostra con la sua toccante esperienza personale come possiamo, facendo uso della volontà, dirigere i nostri pensieri e rieducare il nostro modo di pensare non solo per guarirci ma per essere più felici.
Dimostra che è possibile “scegliere” quali pensieri ed emozioni provare, proprio perché essi sono appresi. Occorre diventarne consapevoli per modificarli o farli lavorare a nostro vantaggio, dove siamo noi i registi.
Articolo pubblicato da Remigia Spagnolo. Tutti i diritti sono riservati. Vietata la riproduzione per qualsiasi finalità.
[1]https://www.ted.com/talks/jill_bolte_taylor_s_powerful_stroke_of_insight?language=it.
[2]J. Bolte Taylor, La scoperta del giardino della mente, Oscar Mondadori, 2006
[3]J.B, Taylor op. cit. , pp. 42-43.
[4]J.B, Taylor op. cit. , pp. 122
[5]J.B, Taylor op. cit. , p. 142.
[6]J.B, Taylor op. cit. , p. 144.
[7] J.B, Taylor op. cit. , p. 174.
Per vedere il suo TED Talk: “Il Mio Ictus Ideale”